In poche righe: chi siete, cosa fate, a chi potete essere utili?
Siamo una coppia, nella vita e nel lavoro, tanto fortunata da vivere delle proprie passioni. Le nostre competenze si sono intersecate quasi perfettamente creando un puzzle di opportunità per chi decide di lavorare con noi. Ci occupiamo di comunicazione in generale, sotto molteplici aspetti: dal branding e brand journalism, passando per il web e social marketing, dalla creazione di grafiche, musica e siti web, al videotelling e alla formazione su varie tematiche.
Possiamo essere utili a chi vuole imparare a fare da sé e a chi deve realizzare progetti strutturati, a chi vuole una sola delle cose descritte sopra e a chi invece ha bisogno di capire come coordinarle tutte quante.
Siamo anche dei gran festaioli, perché siamo convinti che, parafrasando Roberto Pasini, gli affari migliori si facciano più facilmente davanti a un bicchiere che sotto un post di Facebook.
Al Freelancecamp di quest’anno abbiamo parlato sia di come crescere come freelance (con una società per esempio) sia di lavorare insieme come coppia.
Ci raccontate anche la vostra esperienza?
Lavorare insieme come coppia a noi viene molto naturale e non c’è molta differenza tra la vita lavorativa e la vita familiare, è tutto molto mescolato (magari non sempre questo è un bene). Ci conosciamo da circa 20 anni e siamo stati separati talmente a lungo che lo stare insieme h24 non ci pesa. La nostra forza è la voglia di percorrere insieme la strada, con tutte le buche e gli ostacoli che comunque troviamo, compresi i nostri pessimi caratteri, che non sempre facilitano le cose. Sicuramente faremo tesoro dei consigli di Elena e Lorenzo, anche se siamo decisamente meno tranquilli di loro.
Tante volte al Freelancecamp, prima come partecipanti, poi con tanti talk (utilissimi!), ora addirittura come sponsor tecnico e alla regia audio e video. Com’è il Freelancecamp visto da questi 3 punti di vista diversi?
Il Freelancecamp è cresciuto e noi siamo cresciuti con e grazie al Freelancecamp.
Il primo anno che abbiamo partecipato ce ne siamo stati entrambi in disparte, quasi con la paura di disturbare, a goderci tutti gli straordinari consigli di tutte le straordinarie persone che salivano sul palco; all’epoca, per noi, sembrava quasi impossibile pensare di salire su quel palco.
E invece lo abbiamo fatto entrambi ed è stata una vera e propria svolta; quasi si fosse rotto lo specchio di Alice, che ci ha fatti entrare nel paese delle meraviglie. Da quel momento è cambiato tutto e abbiamo cominciato a vivere l’evento non più e non solo dal punto di vista della formazione, ma anche da quello della possibilità di conoscere gente nuova e, perché no, instaurare amicizie e collaborazioni professionali.
Diventare sponsor tecnici è sempre stata l’aspirazione (beh, sì, fin dalla prima partecipazione direi), quindi quando ci si è presentata l’occasione l’abbiamo colta al volo e le cose sono cambiate un’altra volta, perché abbiamo potuto vivere anche una parte del backstage e perché abbiamo sentito di contribuire fisicamente all’evento e questa è davvero una grande soddisfazione. Poi ci facciamo anche pubblicità! Che non è mica poco!
Avete visto e sentito qualcosa di diverso, attraverso le “lenti” date da microfono e telecamera?
Sì. Traspare molto di più l’emozione genuina di chi sale sul palco ed è una cosa che facilmente sfugge seguendo dalla platea.
Come è cambiata (in meglio) la vostra vita negli ultimi due anni?
La digitalizzazione forzata ha accelerato il viaggio verso la modernità di tutti coloro che ancora pensavano di non essere pronti. Finalmente sono arrivati nel nostro mondo. Finalmente abbiamo la possibilità di facilitare una marea di processi e lavorare come ci sarebbe sempre piaciuto.
Dal punto di vista lavorativo, inoltre, sono arrivate moltissime opportunità, quindi un altro vantaggio è stato senza dubbio di tipo economico.
Cosa vorreste fare, o cosa vorreste vedere intorno a voi, per costruire davvero un better normal?
Vorremmo più attenzione verso il mondo della scuola e dei giovani. Avendo un bimbo piccolo siamo entrambi molto preoccupati per il suo futuro, soprattutto perché ci rendiamo conto che la scuola è veramente troppo indietro.
Vorremmo anche che si diffondesse ancora più in fretta una vera e propria cultura tecnologica, informatica e comunicativa, perché questo porterebbe ancora più vantaggi a tutti.
Scegliete una canzone che per voi rappresenta il concetto di better normal.
perché non vogliamo più tornare alla normalità di prima, serve cambiamento!
E visto che Deborah è un’intervistatrice bravissima: “Si facci una domanda e si dii una risposta!”
Eccola: Quale credete che sia la forza del Freelancecamp?
Potremmo dire che è la professionalità dei talk, la meravigliosa organizzazione, la location, questi sono indubbiamente punti di forza.
Secondo noi, però, la cosa che veramente fa la differenza è la possibilità di incontrare persone come noi, che vivono le stesse nostre preoccupazioni, le stesse passioni, che mischiano la vita con il lavoro e il lavoro con la famiglia, che, come mi ha detto un caro amico e partecipante del Freelancecamp “quando finiscono di lavorare, la sera, hanno già fatto un sacco di cose che li hanno soddisfatti e non devono cominciare a vivere”.
Incontrarsi, contarsi, riconoscersi e condividere formazione, chiacchiere, confidenze, esperienze, divertimento, cibo e bevande (meglio se alcoliche) è un valore aggiunto inestimabile.
Per questo il Freelancecamp è da vivere il più possibile da dentro, è necessario immergersi, anzi, attraversare lo specchio ed entrare nella tana del bianconiglio.
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Tutti i loro talk:
- Il microfono è tuo amico: Si può avere la migliore dialettica del mondo e si può parlare dell’argomento più interessante del mondo, ma se non sai usare gli strumenti a tua disposizione per comunicare con la platea è tutto inutile. Impariamo a usare la voce e la tecnologia per fare arrivare bene il messaggio.
- Guarda bene quello che ti sto per dire: Oltre la prima impressione: partire con un apparente svantaggio non significa non poter raggiungere la nostra meta. Una dimostrazione pratica.
- Te lo buco quel video! Ci sono cose che a un videomaker fanno lo stesso effetto di un “piuttosto che” disgiuntivo a un purista della lingua. Le piccole/grandi leggerezze da evitare quando comunichiamo attraverso il videotelling.
- Per fare un podcast impara dalla radio. Un talk sul podcast… che è diventato un podcast.
- Lo spazio delle donne oltre i confini dello spazio: Il lockdown ci ha catapultate in una nuova quotidianità che, tra le altre cose, ci ha permesso di allargare gli spazi a nostra disposizione senza bisogno di ampliare lo spazio fisico. Online le donne hanno la possibilità di informarsi, incontrarsi, confrontarsi, contarsi e contare.
- L’elettronica e la Pace Car: Quando l’accesso agli strumenti professionali è alla portata di tutti (oggi basta un telefono per fare un video in 4k) e quando contenuti e contenitori influenzano gli stili, cosa distingue un professionista da un amatore? Perché pagare un professionista? La risposta può sembrare scontata… oppure no.