Ciao Fabrizio, ormai tutti quelli che seguono il Freelancecamp dovrebbero conoscere te e Vudio e sapere che è grazie a voi che riusciamo dal 2014 a trasmettere in streaming tutto l’evento e a mettere online tutti gli speech praticamente in diretta – cose che spesso neanche eventi ben più ricchi e blasonati si sognano di fare. Ma come avete fatto a diventare così bravi?
Progettare e realizzare eventi in streaming è un lavoro fatto di molte piccole cose, non difficili se prese singolarmente. La complessità è data dal fatto che non esiste una formula sempre valida, perché in ogni evento ci sono necessità e condizioni diverse. Forse noi siamo diventati bravi (a suon di errori, ovviamente) a interpretare in modo corretto gli eventi e a proporre la formula migliore, ma probabilmente siamo soprattutto diventati bravi a risolvere i problemi imprevedibili che si presentano – regolari come un orologio – cinque minuti prima dell’inizio di tutti gli eventi!
L’anno che è passato è stato bello denso per Vudio, che ha seguito un sacco di progetti importanti. Ce ne racconti qualcuno?
Penso che il progetto più difficile è più sfidante sia stato “Sali a Borgo“, un progetto di ENIT in collaborazione con Moto Guzzi e Motociclismo.
Il progetto prevedeva di seguire un viaggio di alcuni motociclisti in un certo numero di splendidi borghi dell’Italia Centrale, raccontandone le caratteristiche giorno per giorno con foto e video in collaborazione con i social manager di Enit e Italia.it. La grande sfida è stata quella di produrre contenuti in mobilità e con continuità, mantenendo elevata la qualità usando droni e strumentazione di ripresa ed editing professionali.
Unire qualità, rapidità di esecuzione e movimento continuo è stato molto difficile, ma crediamo che i risultati siano stati ottimi, e rimaniamo convinti che su questo fronte si giochi gran parte della comunicazione video dei prossimi anni.
Quest’anno siamo riusciti a portare il Freelancecamp anche a Roma, un progetto di cui avevamo parlato insieme a lungo e a cui tenevi particolarmente. Sei stato contento di com’è andata? Ne valeva la pena?
È andata benissimo e non ho dubbi che ne valesse la pena. Roma non sta certamente attraversando uno dei suoi periodi più brillanti (e sono molto diplomatico), e tra i pochi eventi istituzionali e i pochi show off aziendali, sono soprattutto le iniziative di aggregazione che mancano.
E riavviarle è davvero cruciale, per sentire che esiste ancora un tessuto sociale vivo, fatto di piccole imprese e freelance legati da una visione innovativa del business e delle relazioni, a prescindere dal tema digital, francamente superato come tema in sé.
Il Freelancecamp ha riunito molti like minded, iniettando un po’ di linfa positiva anche proveniente da altre città d’Italia, un incontro confronto di grandissimo valore in una città ferma e chiusa da tanto tempo. Posso solo augurarmi che diventi un appuntamento fisso!
Vudio lavora anche con collaboratori freelance? Quali sono le caratteristiche che cercate in loro?
Si, per noi che siamo una piccola realtà che si muove molto in Italia, avere dei riferimenti fissi nel territorio è molto importante (soprattutto operatori di ripresa). Noi premiamo soprattutto autonomia e capacità di comprendere il “big picture”: ci piacciono le persone che non hanno paura di proporre il proprio approccio, ma in modo armonico con le caratteristiche del progetto a cui partecipano, di cui ci aspettiamo gli interessi capire e sapere il più possibile.
Abbiamo chiesto a tutti gli intervistati di scegliere una canzone come colonna sonora della vita dei freelance; qual è il tuo contributo alla nostra playlist?
Recentemente ho visto la serie Big Little Lies (bellissima!) in cui ho riascoltato una canzone che 15 anni fa era una mia colonna sonora fissa mentre lavoravo a casa come freelance. Mi piace questa casualità, e quindi ecco la mia proposta:
Hands around my throat dei Death in Vegas.