Ciao Giuseppe, bentornato al Freelancecamp. Innanzitutto, per chi ancora non conosce te e Sisifo, raccontaci in poche righe chi siete e i progetti su cui state lavorando adesso a cui tieni di più.
Devo dire che abbiamo la fortuna di lavorare con aziende che danno soddisfazione! Il mondo della economia circolare è in costante movimento e a noi piace trasformare la vecchia concezione di “concorrere” riportando tutto all’etimologia del “correre con”.
Oggi stiamo lavorando a un progetto che si chiama Sacchetico che mette insieme il tema della sostenibilità con quello della legalità; un progetto che parte da un oggetto, lo shopper per la spesa, che abbiamo costantemente tra le mani senza “vederlo”, usato per fare riflettere sull’importanza delle piccole cose: sono quelle, che fanno i grandi cambiamenti.
Se io ti dicessi che con la scelta di un sacchetto della spesa piuttosto che un altro prendi posizione contro la criminalità organizzata? Difficile da credere ma ti invito a guardare il video in fondo alla pagina (*).
Se guardi a quelli che abbiamo definito “Partner di Legalità” trovi la finanza etica con Banca Etica e Caes, trovi l’industria della chimica verde con Mater-Bi e Polycart, trovi la comunicazione e la logistica con Sarvex. Ma trovi anche Coop Ventuno, che è la risposta di due giovani campani all’omicidio dei loro padri da parte della camorra. Cosa hanno in comune realtà così diverse e che agiscono in territori profondamente diversi come Sardegna, Campania, Veneto e Umbria? Ecco, prova a scoprirlo e… “stiamoci attenti!” (cit).
Non è un caso che tu e Sisifo ci abbiate accompagnati fin dalla prima edizione: le aziende che lavorano in modo veloce, adattabile, flessibile, sono i partner ideali per i freelance, e tu stesso ce lo raccontavi nell’intervista che ti abbiamo fatto un anno fa.
C’è un passo di quell’intervista che vorrei riprendere, quando giustamente osservi che quello fra aziende e freelance è “un rapporto molto positivo a una condizione: il rispetto dei reciproci ruoli. Diciamola più chiaramente: a condizione che non siano partite IVA create ad hoc per non assumere”.
Sotto questo aspetto, dopo più di un anno dall’entrata in vigore del Jobs Act e dei vari provvedimenti collegati, a tuo parere in Italia sta cambiando qualcosa? Le finte partite IVA stanno effettivamente calando, o tutto è rimasto come prima?
Da domani il tuo “partner ideali per i freelance” lo faccio mettere nel c.v. e nella comunicazione di Sisifo :-)
Però no… non è un caso! E sottolineo che questa è una delle pochissime attività che sosteniamo direttamente come Sisifo e non per qualcuno dei nostri partner.
Per andare al dunque della tua domanda, da imprenditore forse ti sorprenderò: credo che il Jobs Act sia stato un fuoco fatuo e che le conseguenze le vedremo tra qualche tempo quando finiranno gli incentivi.
Anche noi, sebbene molto parzialmente, ne abbiamo usufruito, ma non sono certo che sia la soluzione. Ho l’impressione che, in generale, si sia prima di tutto indebolita la posizione del lavoratore, facendo un passo indietro nel tempo. Non credo nel posto fisso dalla culla alla tomba, ma credo sia importante permettere a chi lavora di programmare un minimo il futuro e, perché no, anche sognare.
Siccome non sembra esserci limite al peggio, leggo di situazioni terrificanti con i cosiddetti “voucher”. Questi, francamente, non li abbiamo mai utilizzati.
Io ho molto rispetto per chi, con volontà e capacità (!!!) imprenditoriali, decide di mettersi in proprio. Sono persone che non sfigurerebbero affatto nello staff di una azienda, ma il loro spirito libero e le loro capacità li fanno diventare indipendenti. Però esistono anche quelli che si inventano freelance senza averne le capacità; li capisco, magari hanno perso il lavoro, hanno necessità di fare qualcosa… però professionisti non ci si inventa: lo si diviene con il duro lavoro quotidiano, sia in una azienda che da liberi professionisti.
In questo la politica dovrebbe aiutare. Come è possibile che quello che per definizione è chiamato “lieto evento” possa rappresentare la fine della carriera di professioniste con i fiocchi? Ma qui si aprirebbe un enorme capitolo visto che il nostro Paese sembra essere diventato nemico di chi vuole farsi una famiglia. E magari pretende, addirittura, anche di lavorare!
Lavorare da freelance significa viaggiare leggeri, riducendo all’essenziale strutture, attrezzatura, ma anche procedure e riunioni, sia per tenere bassi i costi, sia per ottimizzare la gestione del tempo: uno stile molto diverso da quello delle grandi aziende, e ancor di più da quello della PA.
Questa essenzialità risuona molto con il concetto di sostenibilità, economica e in fin dei conti anche ambientale, e io ho sempre pensato che anche le realtà più grandi e complesse dovrebbero fare una sorta di cura dimagrante per imparare a muoversi in modo più agile.
Secondo te, è possibile? I dinosauri si evolveranno, o dovremo assistere alla loro lunga e dolorosa agonia?
E chi lo ha detto che quella è la “ricetta” del freelance? Dopo anni che vengo a dirvi che i freelance sono delle aziende, stavolta metto il carico e ti dico che le aziende sono, possono essere, dovrebbero essere dei freelance! Sorpresa vero? ;-)
Come sai, ci dilettiamo anche a interpretare filosoficamente quello che facciamo e parliamo di “resilienza”… solo che a questo termine ormai ognuno dà il significato che vuole! Per questo ci abbiamo lavorato intensamente per provare a definirla e siamo arrivati a questo:
“Definiamo Resilienza delle Organizzazioni la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sostenibili e sfidanti, affrontando le crisi e mantenendo l’equilibrio dinamico con i portatori di valori, attraverso processi di cambiamento e innovazione”
Vorresti forse dirmi che questo non vale anche per l’azienda, l’organizzazione unipersonale spesso definita come “freelance”? Certo che se Atene piange, Sparta non ride, e le aziende non possono certo stare tranquille. Non credo però che sia un problema di cura dimagrante – quella magari servirebbe a me :'( – quanto di approccio alle nuove sfide.
Certo, anche in questo caso le dimensioni contano, ma il discorso vale per tutti: se le grandi realtà hanno necessità di rivedere i processi e le modalità di organizzazione, per contro i freelance (e le cosiddette PMI) devono trovare modalità di collaborazione che li rendano competitivi!
Non è pensabile che un’azienda possa rivolgersi a trenta professionisti diversi. Bisogna studiare nuove forme di lavoro che possano portare, ad esempio, a delle progettazioni e offerte comuni. Il tema della “sindrome della prima donna” lo avete anche in casa…
PS avrai notato che ho svicolato sulla Pubblica Amministrazione; non è casuale… per il momento noi ci abbiamo rinunciato in attesa di tempi migliori (arriveranno???)
Il Freelancecamp è alla sua quinta edizione, e per noi che lo abbiamo inventato e portato avanti il tempo delle grandi pacche sulle spalle l’un l’altro lamentandoci di quanto sia dura fare i freelance è decisamente passato: quest’anno, più che mai, vogliamo che ciascuno torni a casa con un’idea utile, uno strumento da usare subito, un contatto da coltivare. Ce la faremo anche quest’anno? E tu, cosa vorresti portare a casa?
Sì, dopo cinque anni è bene fare il punto e reinventarsi… anche se questo lo avete fatto un po’ ogni anno.
Io non posso lamentarmi perché ogni anno ho avuto la possibilità di approfondire un contatto, che spesso si è trasformato in collaborazione; con questo spirito e questa aspettativa vengo anche quest’anno, anche se, come sempre, non ho la più pallida idea di cosa verrò a raccontarvi visto che, come le altre volte, non voglio venire a fare del “marchetting” con un pistolotto autocelebrativo!
Ecco, una delle cose forse più interessanti del vostro camp (a parte la location e il dresscode unici!) è proprio quello di non sapere bene cosa aspettarsi ma con la certezza di scoprire qualcosa di nuovo e di utile; ti sembra poco? #boia!
(*) E i sacchetti?
Ecco spiegato tutto, e, dopo il video, vai a leggerti anche gli approfondimenti