Chi sei, cosa fai e a chi puoi essere utile?
Faccio marketing, da sempre: quello tradizionale e quello digitale. E scrivo contenuti per aziende e professionisti.
Sono particolarmente ferrata sulla tecnologia e sull’AI ma mi piace lavorare con aziende di settori diversi per non smettere mai di imparare.
Voglio diventare una knitting designer: interessa a qualcuno? ;-)
Che rapporto hai con i soldi?
Contrastante. Mi continuo a ripetere che ne ho a sufficienza ma l’educazione che ho ricevuto mi trascina sempre verso il bicchiere mezzo vuoto.
Sul mio comodino c’è da 6 mesi il libro: “It’s not your money” di Tosha Silver. Illuminante.
Ricordi il tuo primo stipendio o la tua prima fattura? Che emozioni hai provato?
Non mi ricordo il primissimo. Ma mi ricordo bene quello del mio primo lavoro a Zurigo: l’ho subito speso!
Che tipo sei: cicala, formica, ornitorinco…?
Ornitorinco.
Hai un business plan?
Sì, ma lo gestisce mio marito con cui sono in società. Nonostante io abbia una formazione economico-contabile, i numeri mi annoiano da morire.
Com’è cambiato il tuo rapporto con i soldi da quando hai cominciato a lavorare?
Finalmente ho potuto decidere autonomamente cosa fare col mio denaro.
Hai già partecipato al Freelancecamp?
No.
Sei freelance? Scelta o obbligo?
Sono freelance insieme a mio marito anche se non lavoriamo praticamente mai sugli stessi progetti. Mi sono licenziata nel 2019: un po’ scelta e un po’ obbligo. Scelta perché non ne potevo più degli orari fissi, dei permessi e delle ferie obbligate. Obbligo perché l’aria di Torino era troppo inquinata e la mia salute iniziava a risentirne. Essere freelance mi ha permesso di vivere al mare (e di risolvere i problemi di salute, oltre a quello degli orari fissi).
Cosa ti aspetti dal Freelancecamp?
Partecipo perché da tempo volevo farlo. E l’argomento dei soldi mi interessa molto.
Mi aspetto di fare ulteriore chiarezza sul mio rapporto col denaro e di conoscere tanta tanta bella gente positiva.
Scegli una canzone che rappresenti il tuo rapporto con i soldi.
L’ho scelta perché mi ricorda gli anni 80, nei quali pensavo di essere molto povera.
Poi, crescendo, ho compreso che “sentirsi poveri” non significa esserlo davvero.
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