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Team fotografi #Freelancecamp: Pietro Mingotti

Scritto da Alessandra Farabegoli il 9 Maggio 2019
Pietro viene per la prima volta al Freelancecamp, e da subito si impegna nel team fotografi. Durante il camp sarà spesso impegnato dietro l'obiettivo, quindi iniziamo subito a conoscerlo

In poche righe: chi sei, cosa fai e a chi puoi essere utile.

Gestisco da 6 anni il mio studio di consulenza, situato a Vicenza, dove mi occupo di Branding, Digital Content Production e Web Design.
Mi interfaccio spesso con altri professionisti nei settori più specifici della produzione di un piano editoriale, o di un sito web (dai programmatori, agli UX designer, agli operatori di camera…), quando le competenze necessarie non possano essere coperte direttamente da me.
Finalmente quest’anno riesco a partecipare al Freelancecamp con il duplice auspicio di incontrare nuovi talenti con i quali collaborare, e qualche nuovo cliente che voglia dare il “boost” alla propria comunicazione.

Qual è stato il giorno più bello della tua vita da freelance? E perché?

Il giorno in cui ho aperto il mio studio; gli unici aiuti ricevuti furono il supporto di mio marito e tanta pazienza. Tutt’ora quando torno a casa mi ritrovo ad infilare nella toppa le chiavi dello studio invece che quelle di casa.

Quest’anno al Freelancecamp ci saranno momenti dedicati espressamente a conoscerci meglio; chi vorresti incontrare?

Uno dei più grandi difetti che ho, professionalmente, è che passo tutto il mio tempo chino sulla scrivania a lavorare, senza curare una rete di rapporti sociali. Che si tratti di conoscere colleghi e altri talenti, o recruiter e aziende, la cosa per me più importante è cominciare a “incontrare”, a uscire dal mio “guscio”.

Hai già partecipato al Freelancecamp?

No, è la prima volta.

Bene! E noi siamo proprio felici di conoscerti.
Da quanto tempo lavori come freelance?

È stata una scelta, ho cominciato alla fine del 2013.
Sinceramente preferirei lavorare come dipendente, dopo questi anni di esperienza; la pressione fiscale in questo paese e i contributi INPS, senza contare tutte le spese occulte ed accessorie per la gestione del lavoro, non permettono ai giovani di fare impresa in modo efficace a mio avviso; specialmente quando non sono supportati da famiglia o altri enti.

È la prima volta che vieni al Freelancecamp, e da subito contribuisci partecipando come uno dei fotografi ufficiali del Freelancecamp: cos’è che ti ha spinto a farlo?

Conosco da tanti anni Damiano Tescaro, la nostra è una profonda amicizia legata anche dalla stima professionale che abbiamo l’uno dell’altro e da diversi progetti portati avanti assieme. Lui, veterano del Freelancecamp, me ne ha parlato con molto entusiasmo per anni, ma non sono mai riuscito a coordinare gli impegni per potervi partecipare.
Quest’anno, finalmente, sono riuscito a “saltare a bordo”, e sono felice di supportare l’iniziativa realizzando insieme a lui e agli altri fotografi il coverage dell’evento. Un’altra prova di quanto, anche in questa era così “digital”, il buon vecchio passa parola umano rimanga uno degli strumenti di engagement più performanti.

Qual è la cosa migliore che potrebbe accaderti al Freelancecamp? E la peggiore?

La migliore cose sarebbe stringere nuovi rapporti di lavoro, senza dubbio. La peggiore? Dimenticare a casa il pass!

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