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Il cliente tossico: riconoscerlo, smettere di pensare di gestirlo, riprendersi

Scritto da Silvia Versari il 30 Luglio 2021
Alla vacanza del Freelancecamp Club, Giuliana Laurita ha parlato di una questione annosa e spesso insidiosa: il cliente tossico. D'altronde, la parte spinosa delle relazioni tossiche è spesso questa: riconoscere che non siamo noi, sono gli altri.

Nuova puntata del podcast del Freelancecamp, tratta dal talk di Giuliana Laurita. Cos’è un cliente tossico? Come riconoscerlo e smettere di darsi la colpa? Ma soprattutto parliamo di come NON gestirlo, ovvero come imparare a fuggire e ricostruirsi.

Puoi ascoltare la puntata del podcast, o leggere un estratto della trascrizione qui sotto.

Ascolta “S1 P2 Il cliente tossico: riconoscerlo, smettere di pensare di gestirlo, riprendersi | Giuliana Laurita” su Spreaker.

Cosa si intende per cliente tossico?

L’argomento non è dei più piacevoli, mi rendo conto, ma penso che ci sia bisogno di parlarne. 

Innanzitutto: che cosa intendo per cliente tossico?
Il cliente tossico non è un cliente che si fa di sostanze. Un cliente è tossico quando ti rende dapprima difficile – poi proprio impossibile – lavorare; e soprattutto quando questo modo di lavorare ha delle conseguenze sul nostro modo di sentirci inadeguati, come persone e come professionisti e professioniste.

Il cliente tossico è come la prostata

Lo so che molte persone diranno “a me non può capitare, perché io riconosco un cliente quando è potenzialmente tossico, e quindi me ne libero prima”.
Allora, io lo spero molto, però avete presente la pubblicità di Prostamol?
La pubblicità di Prostamol è uno spot che in giro da molti anni in cui un signore ha dei problemi di prostata, quindi si alza più volte durante la notte per fare pipì. Ma tutte le volte che torna a letto si inventa una scusa, perché evidentemente si imbarazza. Ecco, secondo me, noi abbiamo lo stesso atteggiamento perché ci vergogniamo. Perché, appunto, aver avuto un esperienza di cliente tossico pensiamo deponga male sulla nostra professionalità.

A chi capita il cliente tossico?

Noi ci sentiamo in dovere di avere delle vite un po’ pettinate per LinkedIn, per Instagram, per il mondo in generale. Quindi, ammettere di aver avuto un momento difficile è una missione complicata da portare avanti.
Il problema è che in realtà il cliente tossico può capitare a tutti. Può capitare perché se è tossico davvero non lo riconosciamo immediatamente, quindi ci mettiamo un po’ di tempo. E se ci mettiamo un po’ di tempo entriamo in una spirale pericolosa

Quando e come si manifesta il cliente tossico?

Incontriamo una persona che sta per diventare nostro cliente e sentiamo a istinto che non ci piace, non la frequenteremmo, non avremmo piacere ad andarci a prendere un aperitivo. Però ci diciamo che è lavoro: la mia professionalità mi consentirà di fare questo lavoro; la mia esperienza mi consentirà anche di gestire una situazione negativa. Ma se un cliente è tossico veramente, non riusciremo a gestirla, perché in realtà siamo già caduti in una rete molto vischiosa.

E non solo. Queste convinzioni iniziali, col proseguire del rapporto, ci daranno altri due problemi:

  • ci sentiremo male perché non siamo stati in grado di gestire la situazione 
  • e poi ci sentiremo male perché non siamo stati in grado di valutarla immediatamente e quindi di dire subito “no questa cosa non andava bene”. 

Come facciamo riconoscere un cliente tossico?

La questione dei soldi

Il primo tema importante è quello dei soldi. Intanto può essere il cliente che non paga.
Il fatto che non paghi, però, è un indizio forte, a quel punto è anche più facile uscirne.

Ma anche uno che tira tanto sul prezzo, o dice che non ha budget, oppure che sminuisce l’entità del lavoro o l’entità, l’importanza e il valore del lavoro che noi ci apprestiamo a fare per lui. Di solito quest’ultima modalità viene fuori col tempo, non emerge immediatamente, ed è più difficile accorgersene. 

La questione delle competenze

Un’altra cosa che fa il cliente tossico è chiedere cose che noi non facciamo. Abbiamo parlato tante volte di preventivi in cui dobbiamo decidere e indicare chiaramente tutte le cose che facciamo. Ma la verità, è che il cliente tossico lascia delle aree grigie, di cui noi non ci rendiamo conto immediatamente, e sono delle aree grigie nelle quali poi lui ci incastrerà.

Perché non è chiaro sui suoi obiettivi e su quelli del nostro lavoro, anche se noi li abbiamo concordati e scritti. Ma poi verrà fuori qualcosa, perché lo sappiamo tutti: la quotidianità è diversa dal preventivo, una cosa è quello che scriviamo, un’altra quello che poi davvero dobbiamo fare. Quindi: teniamo conto che quando si manifestano aree grigie, quando iniziamo a non capire più bene quali sono gli obiettivi, ecco, è un campanello d’allarme. Perché vuol dire che in quel momento c’è una volontà che è diversa dalla nostra, che sta andando in una reazione che noi non siamo in grado di intercettare. E non ci possiamo parlare. Cioè, possiamo continuare a provarci, ma la verità è che continueremo soltanto a incastrarci sempre di più.

E la questione dei paletti

Un’altra cosa che può succedere: il cliente non ha le risorse che aveva dichiarato di avere. Quindi noi partiamo con il lavoro facendo una cosa e sapendo che poi ci sarà qualcun altro che la prenderà in mano. Poi questo non succede, a quel punto cosa fai? Ne fai una questione di professionalità: non lo lascio, tutelo il mio lavoro continuando a fare anche alcune cose che non avevamo concordato. Ma questo non va bene perché significa anche che questo signore qui non avrà rispetto dei nostri tempi né di quello che avevamo concordato.

Quindi ci manderà le mail il sabato pomeriggio, i WhatsApp nel cuore della notte. A me è capitato un cliente che mi chiamava il sabato sera mentre stavo cenando e, se gli dicevo che stavo cenando, si metteva a ridere facendo passare l’idea che fosse poco professionale il fatto che avessi l’abitudine di mangiare.

Tutte queste cose poi “lavorano da dentro” e rendono la situazione sempre più ingestibile.

“Liberati subito del cliente tossico”

Naturalmente chiunque vi dirà, quando trovate un cliente così, che ve ne dovete liberare il più presto possibile. Certo, sono assolutamente d’accordo. Ma purtroppo non è così facile.

Non è facile innanzitutto per una questione contrattuale. Poi per i soldi, perché spesso questi clienti assorbono tantissimo del nostro tempo e delle nostre risorse, diventano invasivi, e quindi non è detto che noi, da un giorno all’altro, possiamo rinunciare a questa entrata.

E poi non è facile perché, anche se abbiamo la sensazione di essere un criceto condannato alla ruota, questa situazione è ancora peggiore. Perché questa è una ragnatela: più noi ci muoviamo e più ci incastriamo in una situazione sempre più difficile, sempre più senza uscita.

Come smettere di lavorare con un cliente tossico

Quindi, come liberarsene?
Io ho avuto fortuna perché sono arrivata alla fine del contratto e a quel punto ho detto “Ok, basta. Non lo rinnoviamo”. Ma anche questo spesso è un problema, perché proprio per questa vischiosità, hai dedicato tanto tempo e tante risorse a questo lavoro che non hai fatto new business in quel periodo, o ne hai fatto molto meno di quello che ti serve per compensare la perdita di questo incarico. E quindi poi, già un po’ esaurita, devi ricominciare, cercare nuovi clienti. 

Ecco io sono uscita distrutta da questa esperienza. Durante il rapporto di lavoro ero tartassata di notifiche e richieste sempre più assurde, e a tratti non mi sentivo nemmeno all’altezza. Quando è finita, il problema è stato fare i conti con quello che questa cosa significava per me. Mi sono detta: “ma come, sono 25 anni che faccio questo lavoro, com’è possibile che non sia stata capace di rendermi conto di quanto fosse impossibile gestire questa situazione?”.
Quindi il problema in realtà sono due: non sono stata in grado di gestirla e non sono stata in grado di rendermene conto.

Riprendersi dopo un cliente tossico

Cosa si fa per uscirne?

Io non ho ricette, perché sarebbe bello averle ma io non sono uno di quelli bravi che hanno tutte le ricette per fare le cose. Vi dico però cosa ho fatto io. 

Io come prima cosa ho scritto una mail lunghissima a una persona a cui voglio molto bene e che stimo molto dal punto di vista professionale. Anche solo scrivere mi ha aiutato a mettere in fila le cose, e mi ha aiutato a guardarle in un modo molto oggettivo. Naturalmente poi mi sono confrontata con questa persona che mi ha rassicurato “non sei una pazza”, che era esattamente la cosa che avevo bisogno di sentirmi dire in quel momento. 

Poi ho iniziato a fare alcune cose che avevo rimandato per tanto tempo e che non avevo mai fatto: un corso di scrittura creativa, un corso di scrittura autobiografica, cioè tutte cose che in qualche modo mi hanno costretto a ritornare su di me. E poi ho letto, ho letto tantissimo, ho letto tutto quello che era possibile leggere per non farmi sentire sbagliata, che era la cosa che mi stava veramente massacrando in quel momento.

Secondo me è importante parlarne di queste cose, perché dietro le nostre vite pettinate, ci sono delle vite vere che si consumano magari in cucina, o la notte, senza riuscire a dormire, con l’occhio sbarrato, perché pensiamo a queste cose.

Io auguro a chi ha già avuto questa esperienza di non averla più, a chi non l’ha avuta di non averla mai, però vi dico anche: se vi capita parlatene, perché secondo me è l’unico modo.

Credo che molti di noi si possano riconoscere nelle parole di Giuliana. In molti ci siamo trovati in questa situazione, magari senza riuscire a inquadrarla bene, senza capire esattamente cosa stava succedendo.
Ho ripescato dagli archivi del Freelancecamp alcuni talk che possono essere utili per “mettere le mani avanti”, per cercare di tutelarsi il più possibile e farsi trovare pronti quando capita il cliente tossico. Qui sotto quindi trovi per i video che parlano di questionari conoscitivi al cliente, di preventivi, di contratti. E di come ci si riprende da un esaurimento.


Per approfondire

Altre cose che puoi leggere:

La gestione del cliente negli ZoomClub

Puoi vedere i video di questo archivio solo se possiedi la tessera del Freelancecamp Club

  • Come gestire la fase conoscitiva con un cliente in remoto (con Francesco Vetica di Fifth Beat): Cos’è il Design Thinking e come lo possiamo usare anche su piccoli progetti. Per esempio per strutturare un’intervista conoscitiva al tuo cliente: quali domande fare, come condurre l’intervista, i capisaldi da tenere presente.
  • Contratti e privacy (con Giorgio Trono): L’avvocato che parla come un essere umano risponde a tantissime domande su come impostare un contratto che ci faccia lavorare meglio e gestire bene gli obblighi legati alla privacy.

Altri talk sulla gestione del cliente (video)

Ogni tanto succede (a tutti)

  • Il mio grosso e grasso burnout – talk di Emanuele Tamponi al Freelancecamp 2017: Un rieducational channel sui segnali che “occhio, le cose si mettono male” e i rimedi della nonna – imperfetti – che però talvolta funzionano. I supereroi mi stanno sulle palle pure nei fumetti, per dire, ma almeno a domani ci vorrei arrivare sano. Più o meno.

La bibbia del freelance con le mani avanti:

  • Stime, preventivi & negoziazioni – talk MUST di Marco Brambilla al Freelancecamp 2014: Faccio un lavoro e mi pagano. Ecco, non è così. Alcuni aspetti del lavoro del freelance che non vengono presi nella giusta considerazione: come si decide quanto costa il nostro lavoro e come si compone e propone un preventivo al nostro cliente?

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